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Se la mossa del Cav apre la strada a Giorgia

Opinionista: 

l bue dà del cornuto all’asino. La nuova spaccatura apertasi nel centrodestra ha un che di surreale. L’apertura di Berlusconi alla collaborazione nazionale sull’emergenza economica - ma restando rigorosamente all’opposizione - è considerata da Salvini senza mezzi termini alla stregua di un «inciucio». Mai parola fu più inadeguata, visto che l’inciucio fu proprio il leader leghista a realizzarlo all’inizio della legislatura quando, dopo aver preso i voti per governare con le altre forze della coalizione, preferì sottoscrivere un accordo di governo con M5S, dando vita al Conte 1 e regalando così una centralità strategica per tutta la legislatura al partito grillino. Una scelta esiziale che l’Italia paga ancora oggi, fondata sull’“inciucio” tra quota 100, reddito di cittadinanza e decreto dignità: tre facce della stessa sinistra medaglia del tassa e spendi tanto cara al progressismo di tutte le latitudini. Per non dire che a marzo, all’epoca della prima ondata del Covid, fu proprio Salvini a spingersi ben oltre la semplice collaborazione su temi specifici, fino a chiedere un Governo di unità nazionale. Quando si dice la coerenza. Schermaglie a parte, però, il punto vero è che la sortita di Berlusconi ha sparigliato l’opposizione più che la maggioranza, portando alla luce il vero nocciolo della questione che dal 2018 da queste colonne andiamo segnalando: il centrodestra esiste solo come cartello elettorale. Un’unità di facciata dietro la quale si cela l’assenza di un vero progetto politico condiviso. D’altra parte lo stesso segretario del Carroccio non ha mai fatto nulla per nasconderlo: ha quasi sempre agito e parlato unicamente da leader della Lega. E oggi, nel momento in cui all’appello alla responsabilità di Mattarella occorrerebbe una risposta unitaria come coalizione e delle idee condivise da mettere in campo, ecco che l’opposizione va in frantumi, incapace di esprimere una linea comune esattamente come la maggioranza. Ben venga dunque lo showdown. L’incursione del leader di ciò che resta di Fi a questo punto apre un varco alla Meloni. Di fatto, accogliendo l’appello di Mattarella alla collaborazione di tutti nella lotta al virus e provocando la scomposta reazione salviniana, Berlusconi ha aperto una breccia importante alla presidente di Fdi per smarcarsi da Salvini e prendere la guida del necessario processo di ricostruzione e rinnovamento della coalizione. Se non ora quando? È ora che la Meloni si faccia avanti, disegni lei il progetto di una nuova sintesi tra sovranismo e popolarismo, per un centrodestra con un profilo nazional-conservatore (quindi per una nuova Europa, ma non anti-europeista). Certo, è un’operazione politica che implica rischi e assunzione di responsabilità. Ma le dimensioni dei leader si misurano dalla grandezza delle sfide che decidono di affrontare. Questi non sono tempi normali. Il dopoguerra economico che la Nazione dovrà affrontare fa tremare i polsi. Più che di campagne elettorali avremo bisogno di campagne di ricostruzione. Non è il tempo della propaganda, ma di rimettere le idee a posto. Se Meloni e Berlusconi si muovessero assieme (restando distinti, ovviamente), formerebbero un asse in grado di riequilibrare quello leghista. È chiaro che se davvero scegliesse di fare questa mossa, anche la Meloni dovrebbe rivedere certe posizioni. Ma non sarebbe una gran fatica: basterebbe attingere al meglio del bagaglio culturale della destra. Quanto all’inciucio su Mediaset, appare davvero curioso che Salvini, inquilino fisso delle reti Mediaset e propugnatore del “prima gli italiani”, non consideri la salvaguardia di una azienda italiana importante, che finanche D’Alema riconobbe, come un atto dovuto da parte di Governo e Parlamento. Una posizione che in materia di anti-berlusconismo lo fa arrivare secondo finanche ai grillini. Notevole.