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Senza camici bianchi nel Paese che invecchia

Opinionista: 

Non ho mai posseduto la sfera di vetro. Ma non ci voleva molto per capire come, negli anni duemila, le politiche legate all’ingresso nel mondo medico fossero totalmente sbagliate. Questa è la storia di un risultato mancato, di una battaglia combattuta da chi scrive con tenacia, per anni, senza raccogliere particolari successi. Tristemente, infatti, avevamo previsto tutto. Gli errori del numero chiuso, il sentiero stretto delle scuole di specializzazione, il blocco del turn over nelle assunzioni ospedaliere, tutto portava sull’orlo del baratro. Ma i personalismi, gli egoismi, i piccoli potentati locali hanno sempre avuto la meglio. Per valutare la situazione basterebbero le interviste, le dichiarazioni, le interrogazioni parlamentari dell’epoca. Tutto materiale, all’occorrenza, ampiamente recuperabile e riscontrabile. Esaminiamo insieme. Innanzitutto, l’accesso. Il concorso a numero chiuso era un errore. I test non sempre erano all’altezza della prova. Ricordo che, un anno, molti persero il concorso perché non conoscevano i colori della bandiera dello Zimbabwe. Cosa c’entra tutto questo con la medicina resta un mistero. Proponemmo uno, due anni di corso comune per Medicina, Biologia, Chimica. Chi avrebbe superato brillantemente i primi esami, manifestando i propri, reali meriti, sarebbe potuto andare avanti, gli altri avrebbero trovato spazio in altre facoltà scientifiche attinenti. Un modo per non alimentare nel tempo speranze gratuite. Fu tutto inutile. Era un metodo usato anche in altre nazioni europee. Fortunatamente, oggi, la ministra Grillo lo riprende ma molti ragazzi sono già fuori dagli steccati. Molte specializzazioni si sono rivelate poi, nel tempo, fortilizi inespugnabili. Pochissimi posti, centinaia di camici bianchi rinviati indietro, una programmazione regionale non sempre puntuale e attenta. Eppure, la Regione Campania aveva dato segni di vitalità. Già nel 1999, in Assessorato alla Ricerca Scientifica, si erano stanziate numerose borse di studio, in stretta correlazione con la Federico II. Era una strada maestra, un esperimento da consolidare. Il trend, però, non mi è sembrato in grande crescita. Chi ha poi pensato che il risparmio delle gestioni fosse da recuperare sulla sanità, in un Paese che diventava sempre più vecchio, ha commesso l’ennesimo errore storico. Senza pensare che il blocco del turn-over ha reso sempre più vecchio il popolo dei camici bianchi e che quota 100 sarebbe stata la mannaia definitiva per la giusta fuga da ogni, ulteriore responsabilità. Oggi si prova ad affrontare la tempesta, facendo ricorso a medici pensionati, stranieri, militari, neolaureati, gettonati, affiliati. Provando a richiamare tutti all’appello, promettendo nuove disponibilità economiche e ricordandosi che il rinnovo del contratto nazionale è fermo da 10 anni. Oggi, basta andare in qualsiasi grande ospedale del Mezzogiorno per rendersi conto della situazione. Siamo abbondantemente sotto ogni livello di guardia, mentre politicamente il governo continua in una modesta battaglia di quartiere senza slancio e senza personalità.