Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

A sostenere il premier ora ci pensa Salvini

Opinionista: 

Dire il non detto. Smascherare l’equivoco. Se vi state chiedendo come mai il premier appaia tutto sommato così calmo, nonostante la tempesta economica che si annuncia, beh, la ragione è semplice: il Governo regge perché, oltre ad essere prigioniero di se stesso per mancanza di alternative, può contare sulla stampella granitica di Salvini. È lui che, a dispetto delle apparenze, è divenuto il vero garante dello status quo. Un paradosso? Mica tanto. Il segretario leghista sta dimostrando una capacità di manovra pari a zero. Le sue iniziative non fanno altro che unire la maggioranza anziché dividerla. Da quando non detta più l’agenda e non mena più la musica dalla tolda del Viminale, ha congelato un consenso che non ha idea di come usare. Più che preoccuparsi di processi giudiziari, l’ex ministro farebbe bene a preoccuparsi del processo intentato contro di lui dalla realtà. Un procedimento che per il demiurgo padano è ben più pericoloso ed insidioso, perché rischia di scoperchiare incapacità e inadeguatezze che se ieri erano abilmente nascoste dietro una campagna elettorale permanente, ora vengono gravemente alla luce. Se un Governo debole e diviso come quello attuale è percepito come più affidabile del precedente, allora vuol dire che l’altro era una vera ciofeca. Tanto per cominciare, quindi, il leader del Carroccio dovrebbe prenderne atto e pronunciare una parola se non proprio di pentimento, almeno di autocritica dell’esperienza gialloverde. Non fosse altro che per giustificare i continui scontri con i vecchi alleati e con Conte stesso. Invece niente. Mai sentita una dichiarazione contro Di Maio (al quale fu proprio Salvini a proporre palazzo Chigi un minuto dopo aver provocato la crisi del Conte 1), né un appunto sull’esperienza fatta mano nella mano con l’ex avvocato del popolo. In queste condizioni è dura fare l’opposizione al Conte 2. Puoi farla solo così: urlando, attaccando, inscenando un continuo gioco di sfondamento a voce alta e presentando mozioni di sfiducia, il cui unico risultato è compattare la maggioranza anche quando barcolla. Più che una gara a chi la spara più grossa, all’Italia servirebbe un’opposizione unita su una campagna d’idee e proposte per affrontare la crisi; che elabori una strategia di ripartenza oltre debiti e spesa pubblica; che dia battaglia in Europa, nella consapevolezza che l’Ue è l’unica possibilità che abbiamo di continuare ad esistere; che non ha paura di sfidare l’impopolarità quando si tratta d’indicare riforme necessarie e difficili; che incalzi il Governo su soluzioni alternative e coraggiose, facendone emergere contraddizioni e divisioni. Non un’opposizione che promette tutto a tutti, occupa le aule parlamentari, batte i pugni, attacca l’Europa anche quando ne fa una giusta e va in piazza per raccogliere il consenso dei più arrabbiati. Che in questo momento sono anche i più disperati. Gente che meriterebbe una buona idea per essere tirata fuori dai guai, non leader che soffiano sul fuoco delle loro comprensibili frustrazioni. Da capo del partito più grosso dell’opposizione, con le sue posizioni Salvini sta dividendo e ibernando l’intero centrodestra. Complice la Meloni, che invece di cogliere l’occasione per smarcarsi, lo incalza a favor di sondaggio in una gara - per dirla con Bossi - a chi ce l’ha più duro. Ridotto a sperare che riprendano gli sbarchi d’immigrati, Salvini appare prigioniero del personaggio social da lui stesso costruito. Chi considera Conte inadeguato al ruolo e vorrebbe sostituirlo, sa benissimo che ciò non accadrà attraverso una gara di rutti, ma facendo nascere un’alternativa di governo seria, affidabile, unita e credibile. In fondo lo sa anche lo stesso Matteo leghista. Altrimenti, in un momento di lucidità non avrebbe proposto il nome di Draghi. Salvo poi ributtare tutto in caciara. Finché avremo un’opposizione così, Conte potrà continuare a guardarsi solo da se stesso.