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Tante chiacchiere inutili dimenticando i problemi

Opinionista: 

Oltre alle ormai stucchevoli dispute sulla legge elettorale che i partiti, a turno, proprio come Penelope con la sua tela, sono impegnati a disfare ogni volta che all’orizzonte sembra profilarsi una soluzione, il panorama politico nazionale non sembra offrire granché. Non è fuori luogo, allora, soffermare la nostra attenzione su due vicende che delineano il costume politico del nostro paese e possono aiutarci a valutare i comportamenti dei protagonisti del dibattito in corso. Ci vien da pensare, ad esempio, al ruolo esercitato dagli scissionisti del Pd che fanno capo a Massimo D’Alema e a Pier Luigi Bersani, sempre più uniti nonostante la totale diversità dei loro caratteri. Il loro attivismo è a dir poco frenetico, inversamente proporzionale, potremmo dire, alla modestissima percentuale di consensi che i sondaggi, anche i più benevoli, attribuiscono loro. Incuranti dello scarso appeal che sono riusciti ad esercitare presso la pubblica opinione, i “dalemianbersaniani” non perdono occasione per partecipare a pubbliche manifestazioni; intervenire a dibattiti e tavole rotonde; assumere la veste di protagonisti nei confronti radiotelevisivi ai quali vengono costantemente invitati. Non solo. Ma non esitano a far sentire la loro voce in Parlamento dettando condizioni, ponendo veti, minacciando e bacchettando chicchessia. Torna alla memoria la cinica risposta che Josif Stalin, onnipotente “piccolo padre” dell’Unione Sovietica, dette a quanti lo esortavano a non trascurare la forza d’attrazione del Pontefice romano. “Ma di quante divisioni dispone?” rispose con ironica arroganza. La risposta staliniana era fuori luogo, ma forse - tenuto conto del fatto che, data la percentuale di consensi che sembrano poter raccogliere, difficilmente la nuova legge elettorale, qualunque essa sia, potrà consentir loro di avere una rappresentanza parlamentare - non è fuori luogo chiedersi in nome di quanti seguaci D’Alema e Bersani dispongano per pensare di poter condizionare il corso della politica italiana. E ancora vien da domandarsi se la loro più concreta e reale funzione non sia quella di “utili idioti” al servizio di Beppe Grillo e dei suoi pentastellati gregari. A proposito di questi ultimi, come non segnalare l’ultima sortita dell’ex comico che ha definito se stesso e il suo movimento, come “i nuovi francescani”, affermazione che, oltre a fiorare la blasfemia, ci riporta alla memoria la vecchia massima popolare che ammonisce: “Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi” che, in questo caso, ci sembra debba esser presa proprio alla lettera. E non sappiamo se ridere o piangere al pensiero di un san Francesco proprietario di ville, yatch, appartamenti in Italia e all’estero, partecipazioni azionarie, auto di lusso e chi più ne ha più ne metta qual è, appunto, Grillo. Registriamo, perciò, con piacere la presa di posizione del Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che ha sottolineato che nessuno, tantomeno tra i politici, può rivendicare come proprio il messaggio del poverello di Assisi. Una precisazione tanto più opportuna, nel momento in cui, da fonte grillina, approfittando di certe improvvide aperture, si tendeva ad accreditare la voce di un presunto feeling tra i Cinquestelle e il mondo cattolico. In verità la vera abilità di Grillo e dei suoi consiste proprio nel saper giocare di rimessa, sfruttando, cioè, gli errori altrui. Ecco perché, ci lascia interdetti l’invito dell’Unione europea all’Italia affinché venga ripristinata la tassa sulla prima casa; un invito il cui unico risultato pratico è quello di portare acqua al mulino dell’antieuropeismo grillino. Ci siamo forse persi in chiacchiere. Ma che cos’è la politica, allo stato, se non chiacchiera? Come se non ci fossero problemi da affrontare e ce ne sono invece tanti e gravi.