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Un anno di cambiamenti, speranze e occasioni perse

Opinionista: 

Se ripenso all'anno che se ne va nella sua interezza credo che siano stati 365 giorni di speranze e cambiamenti, ma anche di profonde delusioni. È stata innanzitutto la terza stagione di una pandemia che ha profondamente mutato le vite di tutti - quelle di alcuni più di altre - ma che ha registrato anche una forte ripresa e sottovarianti virali dal dicembre scorso a oggi. Io stesso ho contratto solo quest'anno per ben due volte la malattia - che non più di due anni fa ci terrorizzava tutti - e, pur non essendo del tutto immacolato da rischi morbosi presenti o futuri, l'ho superata con relativa tranquillità e senza terapia alcuna. Questo, a ben vedere, al netto di scettici e detrattori, che non solo esistono ma addirittura crescono, è il più grande risultato sanitario e sociale della vaccinazione contro la Covid-19. Un antico proverbio, credo del centro Italia, recita, "passata la festa, gabbato lo santo", a intendere che più grande è la paura di qualcosa che può colpirci, danneggiarci o ferirci, maggiore è il desiderio di scongiurarla con ogni mezzo, perfino illecito (figurarsi una vaccinazione), salvo poi - una volta passata la paura - rimuoverla, a tal punto da abiurarla o addirittura contrastarla. Si spiegano così le ambizioni di revisionismo di alcune forze politiche, che considero quantomeno intempestive viste le ultime notizie che giungono dal non più tanto lontano oriente, o il bisogno impellente di molti di "dimenticare il passato" al solo scopo di far baldoria con quel poco che ci resta o di acuire più profondamente e, temo, irreversibilmente le differenze di classe che ci portiamo da sempre dietro. Le contestazioni su obblighi - vaccinali e non - e green pass erano e sono, a mio giudizio, pretestuose, in quanto frutto del loro esatto opposto. Immaginatevi una pandemia senza freni nè reti di protezione con un numero crescente e incombente di morti - ben oltre i quasi sette milioni che abbiamo avuto nel mondo in tre anni - e con la libertà concessa a tutti di usare o meno le mascherine o di distanziarsi e di accedere o meno agli hub vaccinali. Credete davvero che i tassi di immunizzazione sarebbero stati molto diversi da quelli invece poi ottenuti sotto il giogo delle norme e dei decreti? Credo di no. Saremmo corsi tutti - potete giurarci - a tutelare la salute nostra e quella dei nostri cari pur di non finire in quel mattatoio senza appello che sono state le corsie d'ospedale nei primi dodici mesi della virosi mondiale. E pensate che di fronte a evidenze scientifiche inconfutabili che le misure restrittive e le vaccinazioni ci avrebbero riportato quanto prima a una vita normale non ci saremmo (di nuovo) affrettati in altissima percentuale - com'è poi accaduto ma con altri e contestati metodi - a usufruirne? La storia ha questo di bello, ogni volta che imbocca una strada le altre opzioni diventano imperseguibili (e la loro giustezza indimostrabile). I risultati del resto sono sotto gli occhi di tutti e le scelte fatte ci hanno consentito di vivere una vita sostanzialmente tranquilla e di coltivare finalmente fondate speranze per il futuro. Un anno sereno in fondo è passato e se non fosse stato per la guerra e le sue conseguenze gli uomini (pur con qualche irrinunciabile eccezione) avrebbero perfino dato buona prova del loro agire. Ma il mondo non è perfetto e così abbiamo preferito i distinguo e le dietrologie alla strada comune del buonsenso che ci portava dritti verso il sostegno ai sistemi sanitari più poveri, alla revisione dei processi di sperequazione economica e sociale, al ripensamento sulle politiche ambientali e alla correzione delle storture totalitarie e dei fanatismi. Forse questa grande occasione l'abbiamo persa. Non aggiungiamo al danno anche la beffa di una imperante stupidità e di un bieco egoismo. Facciamoci almeno trovare pronti e uniti di fronte alle complesse e rischiosissime sfide future (sanitarie e non) che prima o poi - siatene certi - arriveranno. Il passaggio temporale (e articioso) all'anno che è venuto ci obbliga a guardare al mondo che vorremmo con occhi disincantati ma anche più risoluti. Manteniamo i nervi saldi mentre sembra infuriare di nuovo la bufera dei contagi in Cina e le direzioni prese dai governi per contrastarla non sembrano sempre univoche. Percorriamo la strada della pace in Ucraina non per convenienza politica ma con atti e proposte concrete. Legittimiamo il nuovo governo italiano difendendone tutti là sua credibilità internazionale piuttosto che denigrarlo o insultarlo in ogni consesso pubblico e privato. Un vecchio detto popolare dice che "se ti dai un pugno sul naso il sangue ti scorre in bocca". Smettiamola con questo masochismo a oltranza. Salvaguardare l'esecutivo attuale significa proteggere le nostre aziende e i nostri lavoratori qui ancor prima che all'estero. Nessuno anteponga più il suo tornaconto politico (e ahimè talvolta non solo) all'interesse nazionale e si lavori tutti a un paese uniformemente migliore, da nord a sud e da est a ovest. Poteva essere un anno straordinario e invece è stato solo un tempo un po' per crescere e un po' per regredire, nel primo caso economicamente, nel secondo moralmente. E il secondo alla fine - vedrete - peserà di gran lunga di più sul nostro avvenire.