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Venezia e l’esperimento da 7 miliardi di euro

Opinionista: 

Mentre la televisione di Stato invita la cittadinanza a inviare qualche euro tramite sms per soccorrere Venezia in ginocchio, mi chiedo che fine abbiano fatto i 7 miliardi di euro investiti per il Mose. All’incirca 13mila cinquecento miliardi delle vecchie lire. Erogati senza che questo presunto argine all’acqua alta risulti in grado di funzionare. Il Veneto che chiede maggiore autonomia, il Veneto della sapiente gestione delle risorse che reclama il diritto a utilizzare il famoso residuo fiscale, soccombe di fronte all’ennesima piena. E reclama aiuti, sostegni, supporti, denaro, altro denaro, tanto denaro. Ma, scusate, chi spreca i soldi non risiede a Sud? O quelli del Mose sono investimenti sperimentali, un nobile tentativo per risolvere un problema complesso come la spedizione sulla luna di mezzo secolo fa? Peccato che in altre zone d’Europa, come l’Olanda, la problematica dell’acqua alta sia stata affrontata e risolta da un pezzo. A Venezia, evidentemente, vi sono criticità sconosciute ai più fortunati “tulipani”. Sia chiaro, ai cittadini veneziani va data la solidarietà possibile. Ma non è più tollerabile continuare a trattare le questioni in maniera farisea. Se il Mose è uno scandalo nazionale, è giusto che qualcuno paghi e si accendano i riflettori su questo insulto alla collettività. Quei sette miliardi non nascono dal nulla, sono risorse dei contribuenti sottratte a utilizzi più proficui (visti i risultati!): scuole, ospedali, nuovi mezzi e nuove linee di trasporto, eccetera, eccetera. C’è dunque un nodo da sciogliere: la mediocre, a volte pessima qualità della gestione della cosa pubblica. Ma lo si può fare solo se si evitano pregiudizi e si ragiona in termini di effettiva coesione territoriale e unità nazionale. È assurdo che il ministro per il Sud Provenzano venga subissato di critiche per aver detto una verità sacrosanta, non smentita neppure dal sindaco Sala: Milano riceve tanto ma non restituisce al Paese. Ed è sacrosanto quanto ha denunciato la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo: va evitato che, attraverso la Fondazione Human Technopole, a Milano affluiscano senza gare 140 milioni di euro all’anno, mentre nello stesso lasso di tempo 51 istituti di ricerca ospedalieri italiani debbano dividersi complessivamente, attraverso regolare competizione, 159 milioni. Si badi bene: la Cattaneo è nata a Milano. Il suo j’accuse le fa ancor più onore. Morale della favola: è ora di finirla con i luoghi comuni e varare politiche per la crescita dell’intero Paese, e non solo di una sua parte.