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Vespasiani? No, meglio i “Cobianchi”

Opinionista: 

Mi pare opportuno ricordare che l’imperatore Tito Flavio Vespasiano Cesare Augusto è noto non solo per i bellissimi edifici pubblici con i quali abbellì Roma (tra questi il grandioso Colosseo la cui costruzione iniziò con lui e perciò si chiamava teatro Flavio), ma lo è anche per gli orinatoi pubblici che fece costruire per evitare che la capitale dell’Impero diventasse una grande latrina a cielo aperto. Perciò vennero chiamati “vespasiani”. Me li ricordo a Napoli fino al 1958 quando la legge Merlin del 28 febbraio decretò la chiusura delle case di tolleranza, note come “casini”. Nel contempo furono eliminati tutti i vespasiani che sorgevano nei pressi. E mentre va diffondendosi la proposta, da me condivisa, di riaprire le case chiuse come risposta al dilagare della prostituzione, specie minorile nelle periferie cittadine, e del conseguente aumento delle malattie veneree e dello strapotere della criminalità organizzata, accade anche che qualcuno auspica il ripristino dei vespasiani. Ci ha provato l’amministrazione Iervolino nel 2009 con la decisione di installarli in varie piazze cittadine. Ma l’idea abortì per la decisa opposizione dei napoletani, appoggiati da un quotidiano cittadino che scrisse, tra l’altro, “(…) Si fa fatica a credere che il problema più importante della nostra città sia quello di dotarla di “vespasiani”. Esigenza importante quella di fare pipì, anche se essa può e deve essere assolta parzialmente dai servizi commerciali e, in particolare, dai bar sulla cui efficienza il Comune dovrebbe vigilare”. Ci provano adesso il proprietario del Kestè, storico locale di vico San Giovanni Maggiore Pignatelli, e Artèteka, associazione nata per riqualificare la zona, con la proposta di un pubblico concorso per disegnare un “vespasiano artistico”, da collocare nei vicoli del centro antico. La proposta intende dare risposta alla protesta dei commercianti che lamentano l’uso dei vicoli come orinatoi a cielo aperto. Sostengono che: “In una città artistica come Napoli occorre realizzare qualcosa di bello e di funzionale (…) e posizionando un vespasiano artistico in questo luogo si potrebbe risolvere il problema ed essere motivo di vanto per la città”. Ne sono convinti l’Ordine degli ingegneri, la seconda municipalità e l’amministrazione comunale che hanno dato il loro patrocinio. Contesto questa idea peregrina perché un wc resta tale anche se si riesce a dargli un aspetto “artistico”. Ci è riuscito Marcel Duchamp nel 1917 trasformando un orinatoio in un’opera d’arte. Ma da contemplare come tale e non per farci la pipì. E la contesto perché, non essendo la nostra una città con una particolare tradizione della “manutenzione” (basta vedere il degrado dei monumenti del centro storico), questi “vespasiani” sono destinati a diventare latrine nauseabonde. Inevitabilmente. Sono convinto anch’io che Napoli deve dare una risposta alle esigenze fisiologiche dei cittadini e delle cittadine mentre si trovano fuori casa. Ma continuo a ripetere che il problema si risolve in due modi. Nel centro storico vanno realizzati gli alberghi diurni sotterranei “Cobianchi”, ideati dall’imprenditore bolognese Cleopatro Cobianchi e realizzati in numerose città italiane, tra le quali Napoli. Ricordo quelli elegantissimi, in stile liberty, di piazza San Ferdinando, di piazza Dante e del corso Garibaldi. Non ho mai capito per quale motivo furono smantellati, diversamente dai “Cobianchi” che sono ancora funzionanti nei centri storici di molte città come quello di Bologna, realizzato nel 1911 sotto i portici di Palazzo Re Enzo. In occasione dell’Expo a Milano partirà il recupero del “Cobianchi” di piazza Oberdan del 1925. E, nel contempo, bisogna realizzare efficienti servizi igienici nelle stazioni del metrò collinare, della vecchia metropolitana e delle funicolari. Ha scritto Furio Colombo a proposito del così detto metrò dell’arte “meno musei e più bagni”. E siamo in tanti ad essere d’accordo con lui.