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Viae Crucis, un incubo urbano

Opinionista: 

Cari amici lettori, credo sia arrivato il momento di spostare lo sguardo dai grandi scacchieri delle guerre sante e profane a quello molto piccolo, ma a noi vicinissimo, della lotta quotidiana per sopravvivere nella nostra bella e sfortunata città. Un antico detto sostiene che il Signor Iddio, dopo aver creato Napoli, la vide talmente perfetta che, per ristabilire un equilibrio con il resto del Cosmo, creò i napoletani. Qualcosa di vero ci dev’essere io penso, quando esco di casa e vedo gli innumerevoli escrementi canini che decorano la pavimentazione della Rampe Brancaccio, come di tante altre strade: monumenti alla barbarie dei passeggiatori di animali che, per la loro antichità, testimoniano l’incuria di un’amministrazione comunale incapace di provvedere alla rimozione. Vi è, tuttavia, un altro sintomo ancor più evidente dell’accecamento morale e intellettuale di buona parte dei residenti partenopei: il demenziale intento, che molti fra loro nutrono, di confermare Giggino ‘o flòp al governo della città. Certo, i più fra napoletani adoperano civilmente paletta e sacchetto per raccogliere gli escrementi, i più ritengono un terremoto meno dannoso dell’eventuale permanenza di Giggino a Palazzo San Giacomo; ma quella sconsiderata minoranza rovina la reputazione del nostro popolo come scogliere baffute e piste ciclabili oscene deturpano il panorama più bello del mondo. Non posso, nello spazio di un articolo, esaminare tutto ciò che il sindaco arancione ha promesso e non ha fatto e tutti i danni prodotti dalla sua pessima amministrazione. Non posso, parimenti, esporre tutto ciò che un’amministrazione decente deve tentare di realizzare. Mi limito, quindi, a un solo argomento, che mi sembra, tuttavia, assolutamente vitale e totalmente trascurato o stravolto: la mobilità degli abitanti. Gli abitanti di una città devono potersi spostare da un punto all’altro dell’abitato. Non esistono più negozi o botteghe artigianali con un mezzanino nel quale gli esercenti abitavano, mentre supermercati e centri commerciali spesso periferici vanno sempre più sostituendo i negozietti all’angolo del vicolo; è lontano il tempo in cui le popolane dei rioni più interni non avevano mai visto il mare. Gli spostamenti da un punto all’altro della città devono poter avvenire in un tempo più breve di quello occorrente per recarsi da Napoli a Roma o a Parigi, il che, purtroppo, oggi a Napoli non avviene. È ovvio che solo i brevi tragitti possono essere percorsi a piedi, specie se il cittadino sia anziano o disabile. A Napoli, però, anche i brevi percorsi a piedi sono oggi rischiosissimi per il grave dissesto della quasi totalità dei marciapiedi: circostanza, questa, comprovata dall’altissimo numero di liti giudiziarie promosse contro il Comune per lesioni conseguenti a cadute. I mezzi di pubblico trasporto devono provvedere in percentuale molto elevata allo spostamento dei cittadini verso e dal posto di lavoro e per ogni altra esigenza di vita. Ciò avviene in tutte le città del mondo civile, specialmente fuori d’Italia. Napoli, in ogni modo, è attualmente all’ultimo posto, anche in Italia, per efficienza del trasporto pubblico. La più grande delle follie, riguardo alla quale non s’intravedono resipiscenze, è stata la limitazione del percorso dei tram, che un tempo da Poggioreale e San Giovanni raggiungevano Mergellina e Bagnoli, a Piazza Municipio. Il tram, dappertutto privilegiato perché veicolo veloce, economico e non inquinante, a Napoli è disprezzato dai poco oculati e poco attenti amministratori. La ferrovia metropolitana, che in città come Parigi e Vienna transita ogni tre minuti e collega in breve tempo ogni punto della città con qualsiasi altro punto, a Napoli è ancora di là da venire. Il difetto più grave è la poca frequenza dei convogli, che annulla il vantaggio del rapido tragitto. La rete metropolitana, poi, non copra per nulla la città; pensate che il progetto di un secolo addietro prevedeva un collegamento anche con Posillipo, del quale si è perso il ricordo. Se aggiungiamo il collasso delle antiche ferrovie urbane (Cumana e Vesuviana), il quadro è davvero desolante. Autobus e filobus sono diventati una chimera. Gli aspiranti passeggeri attendono alla fermata, quando tutto va bene, almeno mezz’ora; molte volte, però, il tempo d’attesa, sommato a quello del percorso, supera abbondantemente i sessantacinque minuti occorrenti per andare, con un treno veloce, da Napoli a Roma. Nelle città ove le amministrazioni funzionano, i mezzi pubblici percorrono le zone pedonali: ovviamente, i pedoni, per recarsi in quelle zone o uscirne o percorrerle, devono potersi avvalere dell’autobus, stante il divieto di circolazione per i veicoli privati. A Napoli, pur di non far transitare veicoli in Via Chiaia e sulla carreggiata antistante al Palazzo Reale, gli autobus girano mezza città per arrivare da Piazza Vittoria a Piazza San Ferdinando. Mi avvedo che lo spazio è finito. Sono stato ottimista a credere di poter esaurire il discorso anche su un singolo disservizio in una volta sola. Per discorrere del traffico veicolare privato, ahimè, dovrete pazientare fino alla prossima settimana.