NAPOLI. Gerardo Marino, originario di Casagiove, elemento di spicco del clan Pagnozzi, ha lasciato il carcere di Foggia ed è ora libero. A suo carico c’erano due condanne definitive per associazione di tipo mafioso. Nel luglio del 2010 fu raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso. Era accusato di aver  accompagnato la vittima al cospetto del capoclan. Fu sorpreso dai carabinieri subito dopo aver riscosso la somma di denaro dalla vittima, un titolare di vendita di pneumatici della Valle Caudina. In precedenza aveva pure accompagnato la vittima al cospetto del capoclan il quale con fare minaccioso gli aveva intimato di essere più puntuale nei pagamenti. Marino, che in tutta la sua vicenda giudiziaria è sempre stato assistito dall’avvocato Dario Vannetiello, scelse il rito abbreviato e fu condannato, a fronte di una richiesta di 12, in primo grado ad otto anni di reclusione. L’accusa e la difesa proposero l’appello. E nel gennaio del 2013 la Corte di appello di Napoli rigettò l’impugnazione del pm e accolse in parte il ricorso della difesa, riducendo la pena a sette anni. La difesa, però, si rivolse alla Cassazione, eccependo che la Dda non poteva contestare l’aggravante della recidiva successivamente alla richiesta di Marino di essere giudicato con rito abbreviato: questo determinò l’annullamento della sentenza di condanna. La Corte di appello di Napoli, il 24 settembre 2014, pur con l’esclusione della recidiva, confermò la condanna a sette anni di reclusione. Seguì un nuovo ricorso per Cassazione della difesa, avvolto nuovamente dai giudici della Capitale. Il nuovo giudizio di rinvio si è svolto davanti ai giudici della quarta sezione penale, presidente Ambrosio, a latere Annunziata e Criscuolo, che hanno ridotto la pena a cinque anni e quattro mesi di reclusione per estorsione consumata e usura, entrambe aggravate dal metodo mafioso. La Corte, poi, ha rimesso in libertà Marino. Quest’ultimo vanta quattro annullamenti di sentenze di condanna da parte della Suprema Corte: due nel procedimento suddetto e altrettante agli inizi del 2000, quando fu condannato a un anno e quattro mesi di reclusione. Questa pena è stata la più mite mai inflitta nella storia della Repubblica ad un partecipe di associazione mafiosa. E la Cassazione annullò, il 18 aprile 2013, un decreto di sequestro di due appartamenti, a Milano e Casagiove, su decreto emesso dal gip di Santa Maria Capua Vetere.