Fin dall’antichità gli eserciti hanno avuto una componente di fanteria leggera, come i Velites romani. In tempi moderni li troviamo con la denominazione di Cacciatori in numerosi eserciti europei: Cacciatori a piedi, Cacciatori delle Alpi, Cacciatori dei Pirenei e, dopo la nascita delle aviotruppe, Cacciatori Paracadutisti nell’esercito francese; Cacciatori a piedi e delle Ardenne nell’esercito belga; Jäger, Kaiserjäger, Gebirgsjäger e poi anche Fallschirmjäger (Paracadutisti), nell’esercito austriaco e nelle forze armate tedesche; Jager nell’esercito olandese; Cacciatori di linea in quello delle Due Sicilie. Ugualmente troviamo i Cacciatori a Cavallo nelle Cavallerie francese, belga e delle Due Sicilie. Ancora oggi le truppe da montagna romene si chiamano Vânători de munte (Cacciatori di Montagna), dal latino Venatores. I Cacciatori costituivano - e costituiscono - truppe scelte per addestramento, armamento, qualità di ufficiali. Quelli delle Due Sicilie erano la punta di diamante dell’esercito. I nostri si distinguevano dagli altri corpi di fanteria anche per la giovinezza dei quadri. La loro origine risale a re Ferdinando I. Il 15 agosto 1788 furono costituiti cinque reggimenti di Volontari Cacciatori di Frontiera, a reclutamento locale con il compito di sorvegliare i confini di terra e il 30 gennaio  1797 furono sostituiti da sei reggimenti di Cacciatori a carattere regionale. Questi primi Cacciatori differivano molto da quelli futuri, sia per criteri di reclutamento (locale, regionale) sia per compiti assegnati. Bisognerà attendere il 2 luglio 1821 per avere le unità di Cacciatori come saranno intese nel futuro del Regno con l’istituzione - oltre a due reggimenti di Granatieri e quattro di Fanteria di linea - del Corpo dei Cacciatori Reali e del Reggimento Cacciatori. Il decreto quadro dell’agosto 1825, ampliò questa nuova specialità dell’esercito a due reggimenti, ciascuno su due battaglioni. Questa è anche la data di nascita dei primi quattro battaglioni di Cacciatori di linea. Ad essi si aggiungeranno man mano gli altri. Il Corpo dei Cacciatori Reali era, in realtà, un reparto di un centinaio d’uomini incaricato di accompagnare il Re nelle battute di caccia. Giudicandolo inutile e costoso, Ferdinando II ne decise lo scioglimento. Vi sono, poi, altre due unità: il 3° Reggimento Cacciatori della Guardia e, nella cavalleria, il Reggimento Cacciatori a Cavallo. Il primo appare nell’Ordinanza del 1835 ed esisterà fino alla fine; il secondo è citato per la prima volta in occasione dei moti del 1820 e, coinvolto in essi, viene sciolto. Ricostituito, farà più che egregiamente il proprio dovere, distinguendosi nettamente fra le unità di cavalleria, e sarà l’unico reggimento di tale arma ammesso nella fortezza di Gaeta. Il Volturno fu l’epopea dei Cacciatori: a Santa Maria Capua Vetere, e a Sant’Angelo, le brigate Polizzy e Barbalonga, cioè i Cacciatori dei battaglioni 7°, 8°, 9° e 10° e quelli del 2°, 11°, 14° e 15° fecero prodigi di valore. Con il fuoco dei loro fucili e con furiosi attacchi alla baionetta stanarono il nemico dalle sue posizioni. A Santa Maria combatté valorosamente anche il 3° Battaglione del maggiore Giovanni de Cosiron del Reggimento Cacciatori della Guardia agli ordini del colonnello Carlo Grenet. I Cacciatori a Cavallo operarono dovunque, frazionati in squadroni e addirittura in plotoni perché nessuno voleva privarsi del loro prezioso apporto.

*Ammiraglio, studioso di Storia militare

QUEL GIORNO A CALATAFIMI

di Massimo Ellis

I  piemontesi andavano a caccia dei soldati della ex Gendarmeria Reale borbonica, che li avevano sfidati fino alla fine a Civitella del Tronto. Altro che “esercito di Franceschiello”, erano quadri di Polizia militare addestrati e tecnicamente preparati. Quelli che accettarono furono arruolati nei carabinieri. E Il 15 maggio 1860 a Calatafimi, i Cacciatori Napoletani stavano chiudendo definitivamente l’avventura di Garibaldi. Quattro compagnie dell’8° Battaglione - scrive Mario Montalto - “al suono delle trombe all’ 1,30 scesero dalle alture, e. giunti a distanza di tiro, cominciarono la battaglia, che durò otto ore”. I garibaldini, acquattati a terra, tentarono una reazione, i Cacciatori li caricarono alla baionetta. ll figlio di Garibaldi, Menotti, fu ferito. Il cacciatore Luigi Lateano si impadronì del tricolore donato dai liberali di Valparaiso, “Non ho avuto in Italia combattimento così accanito”, scrisse Garibaldi. A tradimento, giunse l’ordine della ritirata dal brigadiere Francesco Landi, “carbonaro del 1820”, ricorda Giacinto de ’Sivo. Ma Garibaldi aveva provato sulla sua pelle di che cosa erano capaci quei magnifici soldati.