NAPOLI. «Giudichiamo come un bene tutto quanto può contribuire a prevenire e scoraggiare malintenzionati e violenti e a tutelare gli infermieri dalle aggressioni nei pronto soccorsi, in corsia, sulle ambulanze. Compreso l’aumento delle pene, e la procedibilità d'ufficio. Giudichiamo positivo anche le salette d’attesa dedicate ai parenti dei malati. Ma se non si portano in ospedale e sul territorio i 10mila infermieri persi durante il commissariamento saranno sempre pannicelli caldi. La sanità in Campania ha urgente bisogno d'infermieri. È questa la vera emergenza». La presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli Teresa Rea commenta cosi l’apertura al Cardarelli di un’area dedicata ai parenti dei ricoverati al pronto soccorso.

«La notizia importante che giunge dal Cardarelli di Napoli – sottolinea Teresa Rea riguarda soprattutto la gestione di questa speciale struttura dedicata ai parenti dei ricoverati. Sull’esempio dell’Ospedale Niguarda di Milano, dove sta avendo molto successo, sarà affidata infatti a un infermiere esperto in comunicazione». Una funzione, quella dell’infermiere comunicatore, che gli infermieri giudicano nevralgica per evitare la sensazione di abbandono e d’inefficienza. «Anche perché dicono i vertici dell’Ordine funge da raccordo tra familiari e struttura ospedaliera. Un trait d’union che riteniamo molto importante, anche perché apre ad una nuova visione dell’assistenza in ospedale». Aspetto quelle delle competenze avanzate ormai nevralgico per ridare slancio ad una professione, quella infermieristica, che sta via via perdendo appeal.

«Se ci si ostina a mantenere le logiche professionali vecchie e superate dicono gli infermieri di Napoli in una nota allarmata non solo non si risolverà la barbarie delle aggressioni, ma con il tempo non si riuscirà a garantire più la sostenibilità del servizio pubblico. È diventato ormai vitale modificare tutto l’impianto delle professioni in Italia», sostengono proponendo un nuovo modello organizzativo. «Solo innovando le professioni, a partire da quella infermieristica, in ambito formativo, in ambito di esercizio professionale, in ambito di autonomia, si può garantire la sostenibilità del sistema e l’universalità del Servizio sanitario nazionale», dice la Rea. E aggiunge: «In Campania poi siamo ancora più indietro rispetto alle altre regioni. Le iniquità nella redistribuzione dei fondi nazionali a sfavore, la conseguente carenza di personale, di posti letto e di strutture territoriali offre all’utente un immagine decadente del servizio pubblico. Una percezione negativa che l’ammalato non accetta e riversa sugli operatori sanitari la frustrazione e la rabbia per un diritto, quello delle cure, non goduto».