È una collettiva che si propone come itinerario dello spirito. Re_st_Art, al Pan fino a domenica, fa parte di un progetto di galleria diffusa ideato e curato da Dino Morra che, già nella scelta del titolo ammicca al visitatore invitandolo a riflettere sulla stessa funzione della mostra: è un’intenzione con “restart” inteso come “ripartenza”? O piuttosto un’imperativo? E quindi “rest art” sta per “fermati, arte”? Probabilmente i due significati coesistono e si integrano, come le opere accuratamente selezionate da Dino Morra negli spazi condivisi degli artisti romani, al cui lavoro si è interessato di recente, senza escludere però l’attenzione agli studi del Sud.

Il risultato è una proposta varia ma coerente, che va dai colorati puzzle multimaterici di Veronica Montanino alle sobrie superfici dalle sfumature pastello di Sonia Riccio; dalle reminiscenze magrittiane (ceci n’est pas une pipe) di Alessio Barchitta che riveste di mattonelle di risulta i suoi improbabili e fascinosi palloni da calcio, alle linee d’ombra e di luce che si stagliano sulla juta dipinta da Alessio Ancillai. Un’opera per ogni artista, ognuno con una fisionomia ben definita, eppure inserita in un discorso complessivo di ricerca dell'essenziale, che, probabilmente, più che generazionale, è epocale.

Si tratta infatti di lavori realizzati durante il lockdown e perciò intrisi delle inquietudini di questi mesi drammatici. Sono invece più centrate sul concetto di assenza, le opere di Ola Czuba, Sveva Angeletti e Alessandro Dandini de Sylva: due videoinstallazioni e un progetto fotografico in cui piccole fasature cronologiche combinate con minimali cambiamenti di inquadratura realizzano effetti di grande impatto emozionale. Ed è con il video di Fabrizio Cicero che si chiude la mostra: sul fondo nero dello schermo compare la parola “Application”, che pian piano prende fuoco, si accende, riverbera e poi, lentamente si spegne e diventa cenere. È questa la fine riservata a tutte le “App” diventate ormai un prolungamento della intelligenza umana? O forse è tout court la fine dell’intelligenza che sull’applicazione della mente si fonda? Chi lo sa. All’arte, che non ha più risposte da dare, non resta che l’invito alla riflessione e al raccoglimento silenzioso. Quasi una preghiera.