La rivolta di Masaniello: ecco come andò
di Redazione
Sab 25 Luglio 2020 13:44
Che cosa fu veramente la rivolta di Masaniello (7-16 luglio 1647)? Si trattò davvero di una ribellione del popolo napoletano, guidato dal pescivendolo Tommaso Aniello, detto Masaniello, contro il “dominio spagnolo” che “opprimeva con esose tasse e gabelle” il “vicereame” di Napoli, come raccontano i libri di scuola? Lo studioso Gianandrea de Antonellis, che anima, a Castellammare di Stabia l’editrice “Club di Autori Indipendenti”, ricostruisce il contesto della rivolta attraverso due rare opere letterarie contemporanee alla rivolta. che ha recuperato (Giulio Cesare Sorrentino - Alessio Pulci, Partenope pacificata. I tumulti del 1647-1648 in due rarissime opere letterarie coeve, Club di Autori Indipendenti, Castellammare di Stabia 2020, pp. 135; 15 euro). “Partenope pacificata”, di Sorrentino, è un’opera per musica in 5 atti. I protagonisti sono la Discordia, il Timore, l’Interesse, la Sensualità che dialogano tra loro in napoletano, italiano e castigliano. Il secondo testo ha lo stesso titolo: “Partenope pacificata”, ed è di Alessio Pulci, sacerdote dell’Aquila. Risale all’aprile 1648 ed è una composizione poetica con un panegirico (discorso in lode) dedicato a Don Giovanni Giuseppe d’Austria. Al di là dei pregi letterari, sono di grande interesse i riferimenti politici contenuti nelle due opere e testimoniano gli schieramenti nella Napoli di metà ’600. «Va evidenziata - scrive de Antonellis nell’introduzione - la visione essenzialmente positiva che Sorrentino riporta della Napoli imperiale [...]. Al netto delle iperboli di circostanza, è evidente che l’insurrezione e la repubblica hanno portato soprattutto danni». Il rimpianto per “uno splendido passato rovinato dai tumulti” emerge nei duetti tra i protagonisti . L’aristocrazia cittadina era schierata con la corona ispanica, il popolo basso, aizzato dai rivoltosi, a loro volta manovrati dal giurista Don Giulio Genoino, espressione del forte ceto dei togati, parteggiava per la Francia e, temporaneamente, anche per la improbabile “reale repubblica”.
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