NAPOLI. Ambulanze che trasportano pazienti già deceduti in ospedale per permettere ai familiari di "portarseli a casa" dietro compenso tra i 400 e i 500 euro, «tutti al nero». È uno dei particolari, emersi dalle indagini sull'Alleanza di Secondigliano e, in particolare, sull'ingerenza del clan camorristico Contini sulle attività dell'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, definito dal procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo «sede sociale del clan». In un passaggio dell'ordinanza del gip vengono riportate le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che, nel 2015, parlava di «direttori sanitari sempre a disposizione del clan e pronti ad accettarne le imposizioni» e di «medici che hanno prestato la propria opera per feriti da arma da fuoco del clan che non dovevano passare in ospedale». In pratica, secondo quanto riferito agli investigatori, le ambulanze di una ditta privata gestita dal clan sfruttavano la volontà dei familiari dei pazienti deceduti in ospedale di riportare il defunto a casa, cosa non possibile per chi è morto in ospedale. Venivano quindi truccate le carte per far apparire le dimissioni da vivo e il deceduto veniva trasportato in ambulanza fino a casa. Per il “servizio" la tariffa era tra i 400 e i 500 euro. «Chiaramente perché tutto vada in porto - spiega il collaboratore di giustizia - vi è anche la collusione dei medici che non fanno apparire la morte in ospedale».