“Voglio salvare l’anima mia e andare ad ogni costo in Paradiso”, diceva Carlo di Borbone all’ambasciatore di Sardegna. Lo scrive Harold Acton. Il “re illuminato”, come ideologi ed ignoranti ripetono, faceva realizzare nella reggia di Caserta un presepe con oltre 1.200 figure. La moglie, Maria Amalia di Sassonia, e le principesse reali cucivano in seta ed oro gli abiti. Nel Regno, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori diffondeva contro l’Illuminismo la tradizione di raffigurare la Natività, che nel ’700 a Napoli entrò nelle case di nobili, borghesi e poveri.“Avimmo fatto tanto pe’ addiventà napolitani”, fanno dire a Carlo di Borbone i fratelli Taviani in “Il sole anche di notte”. Lui lo era diventato con un processo di inculturazione. L’arte del presepe ebbe uno slancio formidabile. A distruggerla ci pensano i politici di oggi. Una scuola non sono stati capaci di crearla, le botteghe dei pastori sono confinate in una stradina dove i pedoni circolano a senso unico. Per Natale si dovrebbe allestire una grande mostra di presepi davanti a Palazzo Reale. Chissà se qualcuno ci arriverà. Intanto a Londra, la Galleria d’arte Colnaghi Exibitions espone, dal 3 dicembre al 25 febbraio prossimo, 421 pastori del presepe napoletano….